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VISITA AL PARCO ARCHEOLOGICO DI CUMA

acropoli di Cuma

Cuma

Percorso il viale d'ingresso, si giunge in un piccolo piazzale a sinistra del quale, si apre il luogo più famoso e misterioso di tutti i Campi Flegrei: l'ANTRO DELLA SIBILLA

Alta circa 5 metri e lunga oltre 130, la galleria evidenzia un'inconfondibile sezione dovuta a due distinte fasi di escavazione: la più antica, databile forse al IV sec. a.C., è documentata dal regolare taglio trapezoidale visibile nella parte superiore; ad epoca probabilmente augustea è invece riferibile il taglio rettangolare che abbassò il livello del piano di transito.

Scavata interamente nel tufo e ad andamento rettilineo, la grotta termina in un vasto ambiente rettangolare con un ampio nicchione incavato in ciascuna delle sue tre pareti e scavato, sembra, in epoca tardo-imperiale.

Nove bracci si aprono sulla parete occidentale; tre di essi sono ciechi, gli altri consentivano l'accesso alla terrazza che dominava il porto oggi interrato.

Sul lato orientale, a metà percorso della galleria, vi è un altro braccio articolato in tre vani rettangolari disposti a croce ed utilizzati in epoca romana come cisterne. Tali cisterne e, in generale, l'intero antro, ospitarono successivamente diverse sepolture cristiane ad inumazione.

All'epoca della scoperta, nel 1932, il monumento venne riconosciuto come l'antro oracolare della Sibilla Cumana; studi recenti rimettono però in discussione questa interpretazione e propongono di ravvisare nell'antro un'opera dell'antica ingegneria militare, un camminamento protetto scavato ai piedi delle mura che si inerpicavano verso l'acropoli e destinato a proteggere il sottostante approdo: sulla terrazza esterna erano appunto posizionate le catapulte e le altre macchine belliche utilizzate per la difesa del porto.

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All'uscita del cosiddetto "Antro della Sibilla" si può ammirare dall'alto la: CRYPTA ROMANA

E' una galleria che congiungeva la città bassa con l'area portuale al di là dell'acropoli.

Scavata nel masso tufaceo per circa 180 metri, attraversa da Est ad Ovest il rilievo occupato dalla cittadella e risale all'epoca augustea.

Insieme alla Grotta di Cocceio garantiva una più agevole comunicazione terrestre tra Cuma ed il porto Giulio.

Illuminata da una serie di pozzi aperti nella volta, la galleria presenta ad Est un imponente vestibolo rettangolare enfatizzato, sulla parete sinistra, da quattro nicchioni per statue.

Il paramento murario in blocchetti di tufo si è conservato in questo ambiente per un'altezza di 14 metri.

La volta, alta 23 metri, crollò nel 553 d.C., demolita dal piccone degli assedianti bizantini, allora in guerra contro gli Ostrogoti: lo scopo era quello di far franare la soprastante torre posta a guardia dell'ingresso dell'acropoli.

Il braccio più lungo della crypta è di dimensioni più modeste e sulla destra vede l'aprirsi di ambienti utilizzati come cisterne; particolarmente ampi sono quelli prossimi allo sbocco orientale che venne monumentalizzato con un arco in opera reticolata.

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Salendo la gradinata che sovrasta il cosiddetto "Antro della Sibilla", ad un certo punto si possono ammirare: le MURA DELL'ACROPOLI

Scalzate fin dalle fondamenta, sono state quasi integralmente distrutte nel 1207. Ben poco è ciò che è riuscito a sfuggire all'accurata opera di smantellamento: lungo il ciglio meridionale dell'acropoli si conserva una delle due torri poste a guardia della porta d'ingresso alla cittadella, con un breve tratto della cortina muraria aggiunta in epoca augustea (forse nel 37 a.C.) ad una preesistente parete in grossi blocchi di tufo giallo, forse databile al V sec. a.C.

All'estrema sinistra della terrazza del Tempio di Apollo si nota un altro tratto delle mura greche. Più all'esterno, in epoca sannita, venne aggiunta una seconda cortina.

Lo spazio intermedio venne colmato con un riempimento di terra e scheggioni di tufo, capace di conferire al manufatto l'elasticità atta a contrastare l'azione delle macchine belliche nemiche.

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Subito dopo, girando a destra, si giunge al: TEMPIO DI APOLLO

Sorge sulla terrazza inferiore dell'acropoli ed è scenograficamente rivolto ad Est, in direzione della città bassa. 
Innalzato su una terrazza ampliata artificialmente dai primi coloni greci, ingloba nel podio i resti degli edifici sacri di epoca greca e sannita e attualmente offre alla vista i ruderi pertinenti alla fase romana e paleocristiana (alla basilica cristiana appartengono le 90 fosse ad inumazione scavate nel pavimento).

Orientato sull'asse NE-SW, l'edificio si elevava su un podio di metri 34,30X18,50, con un pronao di metri 18,30X5,75 aggiunto sul lato est; l'accesso era consentito da una gradinata posta sul lato meridionale. La cella di epoca augustea, in opera reticolata con testate laterizie, misura metri 22X9,30 ed è tripartita da quattro pilastri di sienite.

Il suo ingresso si apriva sul lato orientale ed era fiancheggiato da due pilastri laterizi. Molto scarsi sono i resti del colonnato ionico. La peristasi poggia su un pavimento in lastre di travertino e negli angoli presenta una soluzione decisamente inconsueta: le colonne sono trilobate, derivando infatti dalla fusione di tre fusti. Una tale peculiarità trova un unico confronto in alcuni edifici del vecchio foro di Leptis Magna, in Africa, e non sarà ripresa se non dagli architetti del Rinascimento.

Abbandonata la terrazza inferiore, ci rimettiamo in cammino verso l'alto della rocca lungo la via sacra.

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Denominato TEMPIO DI GIOVE dagli antiquari dei secoli scorsi, era probabilmente consacrato a Demetra e fu edificato nel V secolo a.C. sul punto più alto dell'acropoli.

Della fase più antica restano i blocchi tufacei del basso podio mentre le altre strutture visibili sono relative alla ricostruzione avvenuta in età augustea o giulio-claudia.

Trasformato in basilica e consacrato a S. Massimo, il tempio ospitò anche diverse sepolture, restando aperto al culto sino al 1207, anno della distruzione della città.

Il podio misura metri 40X25 circa; su di esso si elevava un muro perimetrale in opera reticolata interrotto sul lato orientale da tre ingressi aperti sulla gradinata del prospetto.

Al centro del podio si scorgono i resti della cella, le cui pareti interne erano scandite da semicolonne laterizie che inquadravano delle nicchie poi occluse.

Secondo una recente ricostruzione, sembra che il tempio fosse pseudoperiptero (con semicolonne addossate su due o tre lati della cella) e circondato da portici a pilastri che lo dividevano in cinque navate.

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TERME DEL FORO

Impiantate nei pressi del Foro, risalgono agli inizi del II secolo d.C. e disponevano di due ingressi aperti a Sud e a Est; quest'ultimo immetteva in un vestibolo comunicante col "frigidarium", l'altro invece si affacciava sullo spiazzo della palestra.

Gli ambienti riscaldati si allineavano a Sud secondo l'abituale successione di "tepidarium", "sudatio" e "calidarium".

Più oltre, verso Ovest, si conservano i resti del "praefurnium" e a Nord-Est del corpo principale si trova una cisterna divisa in quattro compartimenti.

Ricco e articolato dovette essere l'apparato decorativo: colonne in cipollino marcavano l'accesso al "frigidarium", lastre marmoree ed intonaci dipinti ornavano le pareti e mosaici e lavori in "opus sectile" impreziosivano i pavimenti.

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Il CAPITOLIUM sorge quasi al centro del lato occidentale del Foro di Cuma, è a pianta rettangolare di m 56,94x28,50 ed è orientato sull'asse E-W. 

Sull'alto podio di tipo italico si apre la cella a tre navate preceduta da un ampio pronao. 

Eretto in epoca sannitica (fra il IV e III secolo a.C.) e consacrato forse al culto di Giove Flazo, il tempio fu radicalmente ristrutturato in epoca romana: al di sopra del podio (in opera quadrata con blocchi di tufo locale) vennero eliminati il peristilio e la cella e si ricostruì in reticolato e in laterizio un nuovo elevato dal prospetto esastilo, si aggiunse inoltre un avancorpo in opera reticolata e si prolungò la scalinata d'accesso.

I giganteschi busti marmorei di Giove, Giunone e Minerva, i numi della triade capitoline, sono oggi al Museo Archeologico Nazionale di Napoli e sono stati datati tra la fine del I sec. d.C. e gli inizi del secolo seguente.

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TEMPIO CON PORTICO

Risale alla prima metà del I sec. d.C. e si trova sul lato meridionale del Foro. Edificato su un alto podio con gradinata sul prospetto, è ora scarsamente conservato in elevato. E' racchiuso da un portico di metri 40x25 che ebbe 24 colonne e tre ingressi dai gradini in peperino affacciati sul lato Sud del Foro.

Il tempio sorge sul lato di fondo del cortile cinto dal portico. Nel muro perimetrale di tale portico si aprono quattro nicchie destinate ad accogliere statue onorarie e qua e là si intravedono tracce di intonaco colorato.

Lastre di travertino pavimentano il cortile tuttora circondato da una canaletta di scolo. Nella cella del tempio è ancora visibile il basamento della statua di culto, ma si ignora quale fosse il nume al quale era consacrato l'edificio.

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TEMPIO DEI GIGANTI

E' collocato sul lato orientale del Foro, di fronte al "Capitolium". Sulle sue strutture sorge ora una casa colonica.
Il monumento si articolava in tre ambienti: al centro si trovava una vasta aula voltata con abside sul fondo e ai lati si collocavano due ambienti minori.
Realizzato in opera mista e datato tra la fine del I sec. d.C. e gli inizi di quello seguente, l'edificio era probabilmente destinato ad accogliere i membri dell'amministrazione municipale e trae il suo nome attuale dal rinvenimento, avvenuto nei pressi, del colossale busto di Giove conservato nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Tratto da "Oltre il mito" Associazioni Culturali: Oltre l'Averno, Flegra, Lux in Fabula