Il nome "Pennata" è già ricorrente in un documento dell'Imperatore Costantino del IV sec. d.C. Su questo isolotto, reso tale da un maremoto il 4 novembre del 1967, vi sono molti ruderi, per lo più coperti dalla fittissima vegetazione. Essi in alcuni punti arrivano anche a una altezza di mt. 3,5 e sono strutture costruite con tecniche di vario tipo: opera reticolata, opera laterizia e opera vittata.
Per la loro disposizione questi ruderi sono considerati pertinenti a una estesa villa patrizia indicata in alcuni scritti come Villa di Lucullo.
I resti visibili sull'isolotto sono posti a più livelli di altezza tra loro e ciò conferma l'ipotesi di un importante complesso residenziale.
Un'altra tesi è quella secondo la quale l'intero isolotto, all'epoca penisola, sarebbe stata sede del praetorium misenate. Il praetorium era la sede del comando delle legioni.
L'intero complesso sembra di avere avuto perlomeno due fasi: una all'inizio del I sec d.C. e l'altra di riutilizzo nel II sec.
Essenzialmente però ha sempre mantenuto la caratteristica di divisione in due nuclei: uno a NO dell'isolotto, che doveva essere il principale, e uno verso SE che forse poteva esserne alle dipendenze.
Questo dato è confermato anche dal fatto che vicino a tutto il tratto di costa a NO dell'isolotto sono visibili resti di ulteriori ambienti sommersi.
La vicinanza di così tanti ambienti di media dimensione si contrappone ai molti cunicoli e strutture più grandi presenti nel nucleo definito "delle dipendenze" tra cui un'area con abbondanti resti di pavimentazione in cocciopesto al di sotto della quale si nota una zona con strutture in opera cementizia con lo stesso tipo di rivestimento e che probabilmente sono classificabili come una grossa cisterna.
Inoltre l'isolotto di Punta Pennata è attraversato da due tunnel chiamati "Grotta del corallo" e "Grotta di Nerone" che, come già accennato, all'epoca del Porto Giulio avevano e forse hanno la stessa funzione di quelli di Punta Salparella: far defluire le acque per evitare l'insabbiamento del porto.
da Miseno: Itinerario marino - a cura dell'Associazione Misenum
By Gianni RACE (Bacoli Baia Cuma Miseno) Storia e Mito
Nel dicembre del 1921, tra Punta Pennata (isola dal 1966, dopo il noto maremoto) e l’altura sovrastante la spiaggia del Poggio, in una località conosciuta allora dai contadini di Bacoli come “il vallone” (oggi Zampino) furono scoperte ventidue pezzi e frammenti di sculture in una vecchia discarica, che era stata raggiunta dai lavori della cava di pozzolana allora esistente.
Non trascorse un mese che vennero alla luce altri due frammenti di statue. Esaminate dai competenti, gran parte risultarono rovinate. Del complesso delle 24 sculture, ammassate alla rinfusa in quel profondo fosso, sette solo furono trattenute dal Museo Nazionale di Napoli e destinate alle sue collezioni.
Le statue, degne di esposizione pubblica, furono: