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MONTE NUOVO

VULCANO

Pozzuoli

L’eruzione del Monte Nuovo fu evento eccezionale, unico verificatosi in età storica nei Campi Flegrei. Ne fu modificato il Lago Lucrino, che in età romana occupava una superficie molto più ampia dell’attuale e che fu unito all’Averno mediante un canale artificiale con la realizzazione del Porto Giulio (38-36 a.C.). A causa del bradisismo il lago fu sommerso dal mare nel X-XI secolo, col conseguente arretramento della linea costiera. Sulle rive orientali era il villaggio di Tripergole, noto per la villa di Fausto Cornelio Silla, nipote del dittatore, e per il Cumanum di Cicerone. Qui erano anche una chiesa e l’Ospedale di S. Marta, fondati da Carlo III d’Angiò alla fine del XIII secolo, per cure idrotermali destinate ai poveri; cinque bagni termali, due osterie e case per malati ricchi; un edificio romano a cupola (disegnato da Giuliano Sangallo), di notevole stile e proporzioni. Oltre al Balneum Tripergulae erano nei pressi anche quelli Ciceronis, Arcus e Raynerii, citati da Pietro da Eboli.

Nei secoli seguenti, il suolo cominciò a sollevarsi sotto la spinta di forze endogene e riemerse un lungo tratto di costa, dove si manifestarono gradualmente fenomeni tettonici, culminanti nell’eruzione del vulcano. Questo, preceduto fa frequenti ed intense scosse telluriche, si generò nella notte tra il 29 e il 30 settembre 1538, con un rigonfiamento del suolo nella zona di Tripergole.

Successivamente, sprofondato il rigonfiamento, si aprì una voragine esplosiva, da cui i materiali eruttati (pietre, lapilli e cenere) formarono in poco più di tre giorni la collina craterica, cui fu dato dai contemporanei il nome di Monte Nuovo.

Numerose sono le testimonianze pervenuteci di quanti assistettero al fenomeno, tra cui il vescovo Marco Antonio Delli Falconi, il filosofo aristotelico Simone Porzio e l’erudito Francesco Marchesino. Grazie ad essi è stato possibile ricostruire l’andamento e le conseguenze dell’eruzione, nonché l’impressione suscitata da questa sui contemporanei.

Pozzuoli

In occasione degli eventi bradisismici del 1982-84, inoltre i vulcanologi hanno potuto confrontare gli avvenimenti del 1538 per ipotizzare quelli di nuova previsione, fortunatamente non verificatisi.

In conseguenza dell’eruzione, la parte est del bacino del Lucrino, all’epoca coperta dal mare, fu riempita di materiali eruttivi (l’attuale lago si formò solo nel XVII secolo), il Lago d’Averno fu isolato dal mare, il villaggio di Tripergole e le ville romane furono distrutti. La pioggia di ceneri e lapilli giunse fino a Pozzuoli, i cui abitanti, atterriti da continui terremoti, fuggirono, ripopolando la città solo per incoraggiamento del viceré Don Pedro, che ivi costruì un suo palazzo, di cui è superstite la Torre Toledo.

Alto 130 metri, ampio alla base 1 Km circa di diametro, il Monte Nuovo, occupa il settore ovest del Golfo di Pozzuoli, di cui interrompe l’originaria geomorfologia. Confinante a sud con la linea costiera, a ovest e nord-ovest coi laghi Lucrino e Averno. A nord con la piana di Toiano, il cratere misura mediamente 400 metri di diametro e ha un fondo raggiungibile a 80 metri di profondità. La recente istituzione dell’Oasi Naturalistica di Monte Nuovo ne consente finalmente salvaguardia e fruizione e lo rende “un monumento ambientale”.

Durante l’ascesa alla cima del cratere è possibile godere, dal versante sud, una splendida vista che spazia dal Capo Posillipo a Nisida e dal centro storico di Pozzuoli al Capo Miseno, mentre, in giornate molto limpide, si vede sullo sfondo la Penisola Sorrentina. Dalla cima si osserva l’interno del cratere, caratterizzato da ripide pareti. Il fondo è raggiungibile da un sentiero.

Percorrendo quello della cresta, si arriva al lato opposto, che affaccia sul Lago d’Averno. Da qui si gode la vista dei due laghi, di punta Epitaffio e dell’isola d’Ischia. Avanzando in senso orario è possibile ancora vedere il Monte Barbaro, originariamente parte del Gauro, antico vulcano flegreo.

Interessante appare infine la distribuzione della flora, che riveste le superfici del Monte Nuovo: sui versanti esterni bosco di pino con corbezzolo, cisto ed erica nel sottobosco, macchia di ginestra, lentisco e leccio cespuglioso; all’interno del cratere macchia mediterranea e graminacee sul versante sud, leccio e castagno su quello nord, felci, finocchio selvatico e graminacee al fondo.

Paolo CAPUTO e Maria Rosaria PUGLIESE “La via delle Terme”

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