Si può facilmente riconoscere un vasto ambiente rettangolare, con le pareti articolate in nicchie di cui due presentano un passaggio ad arco verso est . Il centro della stanza è occupato da un'altra struttura rettangolare, realizzata in blocchetti di tufo, con pavimento in cocciopesto forse identificabile con una vasca.
Lungo il muro perimetrale della sala la presenza di alcuni tubuli, di tegole mammate e di un pavimento in bipedali fanno supporre l'esistenza di un vano ipocausto al di sotto dell'attuale quota di fondo; è inoltre probabile che anche il corridoio che corre intorno alla vasca, troppo stretto per essere transitabile, fosse adibito ad ipocausto e in tal caso ci troveremmo di fronte ad una doppia intercapedine per il riscaldamento della vasca centrale (calida piscina).
Il piano di calpestio doveva essere quindi ad una quota maggiore di circa 70/90 cm rispetto all'attuale livello di fondo e le pareti rivestite da una concamerazione, in tal caso i due archi situati nelle nicchie orientali e posti in parte al di sotto del pavimento, sarebbero stati adibiti al passaggio dell'aria calda.
L'ambiente successivo si presenta a pianta circolare e conserva lungo tutto il suo perimetro salvo che in corrispondenza dell'entrata, una doppia muratura in laterizio che delimita un canale coperto da bipedali e cementizio, con la doppia funzione di via di scarico per acque reflue e di sedile-gradino per i frequentatori della terma. Questo tipo di planimetria è abbastanza consueto nei percorsi termali, ma per il momento non sono stati individuati dati certi sulla presenza di un vano ipocausto e quindi per individuare la funzione dell'ambiente.
Ad Ovest di questo complesso sono presenti altri ambienti dei quali per il momento non conosciamo la funzione, ma che, per le tracce di suspensurae in uno di essi, probabilmente fanno sempre parte delle terme. Numerose altre strutture, non ancora indagate, sparse per tutta la sommità della banchina, completano questo settore, che costituisce probabilmente la c.d. pars triaritirna di una villa costiera.
Nella fascia compresa tra la banchina e il promontorio, sono presenti muri, questa volta in opera reticolata, e canali con tracce di incassi rettangolari che potrebbero essere interpretati come alloggiamenti per grate di peschiere.
Dagli studi precedenti sembra esserci accordo nell'identificare la cisterna delle Cento Camerelle come parte della villa di Q. Ortensio Ortalo, che fu console nel 69 a.C.
Alla sua morte la villa passò in eredità al figlio, al quale venne espropriata, per motivi politici, dai triumviri, entrando così a far parte del patrimonio di Antonia, figlia di Antonio ed Ottavia, per arrivare poi, per linea ereditaria, fino a Nerone. E proprio con Nerone Bauli si guadagna una triste notorietà, venendo infatti più volte citata dalle fonti antiche a proposito dell' assassinio di Agrippina: Nerone, fingendo una riconciliazione con la madre, la invitò a partecipare alle feste Quinquatrie a Baia. Agrippina giunse così nei Campi Flegrei arrivando via mare da Anzio, probabilmente con una nave della flotta imperiale, presumibilmente sbarcando presso il porto militare di Miseno. Tacito riporta che venne poi accompagnata “ad Baulos” e da qui a Baia per i festeggiamenti. Nerone tentò il matricidio facendo sabotare l'imbarcazione che doveva riportarla indietro, ma Agrippina, grazie all'aiuto di alcuni pescatori, si salvò dal naufragio e venne riaccompagnata alla sua villa.
Per alcuni Agrippina venne riaccompagnata a Bauli, per altri sulle sponde del lago Lucrino, ma in ogni caso la villa in cui soggiornò, appena giunta da Anzio, o era già di proprietà di Nerone o comunque entrò a far parte dei suoi possedimenti dopo l'uccisione della madre.
Da quanto sopra esposto, viene spontaneo tenere presente, tra le ipotesi di studio, anche la possibilità che le strutture individuate facciano anch'esse parte della villa che fu di Ortalo e dove soggiornò Agrippina prima della morte. Sappiamo che la villa di Ortalo si trovava “ad Baulos” e il litorale di Bacoli non è molto esteso: consiste in realtà di due sole insenature divise e dominate da un promontorio che, oltre a racchiudere la cisterna delle Cento Camerelle, conserva, in parete, numerose aperture relative a cunicoli, piccoli resti di piani pavimentali strutture murarie in opera reticolata e resti di ambienti scavati nel tufo, risparmiati dallo smottamento della montagna.
La villa si estendeva quindi su tutto il promontorio e la presenza in mare di peschiere, sempre in opera reticolata, può offrire un nuovo dato per confermare l'attribuzione del complesso ad Ortensio Ortalo, il quale divenne famoso proprio per la sua passione per l'allevamento del pesce. Sappiamo inoltre che la villa di Ortalo entrò a far parte, circa un secolo più tardi, delle proprietà di Nerone e l'utilizzo dell'opera laterizia per la costruzione dell'impianto termale e del ponte induce a considerare questo settore un ampliamento della villa e quindi posteriore, seppur non databile con esattezza, al nucleo originario e i due diversi nuclei edilizi ben si accordano con un arco cronologico che va dalla metà del I sec. a.C. al II sec. d.C.
Un ulteriore dato sembra potersi ricavare dalle sale termali. I due ambienti finora indagati risultano di dimensioni tali da far supporre un impianto di grande imponenza. In particolare la sala circolare, se messa a confronto con le sale con medesima planimetria che si conservano nei complessi termali, pubblici e privati, presenti in Campania (escludendo naturalmente le grandi rotonde baiane), risulta essere tra quelle di maggiori dimensioni e questo può forse costituire un dato per individuare una “committenza imperiale” per l'ampliamento della villa.
Tratto dagli Atti del Convegno di Archeologia Subacquea - Ministero per i Beni Culturali e Ambientali